mercoledì 14 luglio 2010

vecchiaia da bere

I vecchi al bar che sbevazzano e parlano della pensione mi inducono sempre prepotentemente a riflettere sulla fine. La fine di che? Di tutto, la fine dei giochi, la fine insomma. Dai, quella.
Non so per quale strana ragione, non ho mai pensato alla mia vecchiaia. C'è come una vocina nella mia testa che mi dice: Giulia, tranquilla, tanto non ci arriverai. Non che mi dispiaccia: gengive sdentate e pelle grinzosa come quella di uno sharpei non fanno proprio per me. La debolezza della mente, che invade la quotidianità, seppellendola in un mucchio di post it scritti con mano incerta, mi disgusta. La solitudine che sale come la marea, considerando tutti gli amici andati via, e i parenti seppelliti, mi ripugna. Meglio essere seppelliti per primi. E lo so che molti di voi non vedono l'ora di sfregarsi le mani alla notizia del mio decesso, cioè quando finalmente prenderò la decisione saggissima di scaricarmi la testa nel cesso (quello piccolo) di casa (che poi, seriamente, mi chiedo come faccia uno ad arrivare con il braccino al bottone per scaricare il WC con la testa immersa nella tazza del cesso, no, seriamente, se avete dei disegnini siete pregati di inviarmeli così prendo nota), ma io credo che morirò in qualche incidente ridicolo dopo i 45. Un po' ci spero. Un po' no, non si può mai sapere, potrei magari prenderci gusto in questa stronzata chiamata "esitenza".
Ho provato ad immaginarmi vecchia, seriamente, rimuginante con qualche altra mia collega vecchia (se sono fortunata), sprofondata in una poltrona a sferruzzare calzettoni (che la mia nuora scaricherà con nonchalance al bancone dei vestiti della caritas), a cucinare il polpettone che i miei nipoti mangeranno con affetto (e poi con affetto dovrò chiamare un'ambulanza, considerate le mie notevoli abilità nell'avvelenare le persone per mezzo dei miei deliziosi manicaretti), ma proprio non ci riesco. Mi vedo piuttosto, come tutti i miei esempi di vecchi in famiglia, su una sedia a dondolo, sorseggiando whiskey del discount, pensando a tutte le occasioni perse, a quando potevo ecc. No. Questo non deve mai succedere. Per questo penso che morirò relativamente giovane. Il punto è che, come ogni cosa nella vita, tutto finirà in modo molto ironico.

Non so,
magari litigherò con qualcuno, allora uscirò con la macchina pensando di andare a vendicarmi da qualche parte, ma una testa di cazzo molto più giovane di me cadrà dal marciapiede stronzeggiando sui suoi tacchi 12, e io per non metterla sotto sterzerò e finirò contro un palo. Ma non morirò così. No, scenderò con svariati tagli e contusioni dall'auto, e uno stronzo di merda in motorino mi sfreccerà addosso grazie alla sua marmitta modificata. Andrò in coma ma, no, non morirò così. Dopo tre mesi mi sveglierò e non riuscirò mai più a parlare propriamente, nonostante la grande voglia di suicidarmi mi metterò a lavorare su un qualche progetto che prevede il concetto di comunicazione metaforico tramite simboli (o una cazzata del genere), anche se i miei disegni sembreranno quelli di una persona di 4 anni (anche se io a 4 anni disegnavo sicuramente meglio di adesso, ho delle prove che lo attestano). Durante una delle mie sessioni di lavoro casalinghe su disegni patetici, entreranno dei malfattori nella mia casa, e, sicuramente, sarò ingrassata tantissimo (per la depressione, sapete...) quindi mi scambieranno per l'amorevole marito (che non ci sarà mai stato), sì, quello che fa culturismo, e mi pianteranno una matita in un occhio. Perderò l'occhio, ma no, non morirò così. Mi abituerò alla mia visuale bidimensionale e tornerò a lavorare a un nuovo progetto, qualcosa che prevede una web cam e stronzate del genere (perchè ovviamente mi sarò interessata alle protesi tecnologiche per sconfiggere l'infame Kairos della vita più ironica che mai) e mi pianterò un cacciavite nella mano. Digiterò il numero di pronto soccorso con le dita dei piedi ma quelli non capiranno un cazzo per via della zeppola, e la "r" moscia e le parole elementari, penseranno allo scherzo di qualche idiota. Mi verrà un'infezione terribile alla mano, ma no, non morirò così. Un giorno una mia amica, non avendo più mie notizie da mesi, mi verrà a trovare portando muffins stantii e un pesciolino rosso (non l'ho mai detto a nessuno ma io odio quei cazzo di animali orrendi e inutili che muoiono per ogni cazzata), che io dovrò mettere in bagno per non farlo mangiare dal gatto. E un giorno, quando mi starò asciugando i capelli ingozzandomi di muffin, con il linguaggio quasi completamente atrofizzato, la visuale bidimensionale, la mano storpia e chi più ne ha più ne metta, a causa di uno shock anafilattico, mettiamo, che ne so, per colpa dello strutto andato a male (ora, io non è che sia molto sicura che nei muffin ci vada lo strutto, cfr. mio famoso problema culinario) il fottuto phon da viaggio mi cadrà DENTRO la vasca del pesce rosso che odio e allora, finalmente sì, con una scossa da chissà quanti Volt tirerò le cosiddette cuoia. Errata Corrige: non credo che, a quel punto, ci avrò preso gusto poi così tanto.
Ma in fondo non si può mai sapere come andranno le cose, e questo è ciò che mi inquieta di più, l'unica certezza incrollabile che mi resta è che, dopo la virgola, è necessario (è, cioè, una regola generale del rispetto dell'Uomo che vive, spesso latentemente, in ognugno di noi) postporre uno spazio: cioè avete presente? Quella barra spaziatrice, proprio là, in mezzo alla tastiera, è stata messa proprio per ricordarvi il rispetto dei vostri consimili, grazie.
Maledetti vecchi che si lamentano della birra calda al bar.

1 commento:

Sara ha detto...

questo è un perfetto esempio della tua paranoia: inizio discorso normale - fine discorso totalmente senza senso. apprezzo molto.
soprattutto il,finale.